Tutti sognano di poter volare: La magia del volo raccontata da un pilota by Mark Vanhoenacker

Tutti sognano di poter volare: La magia del volo raccontata da un pilota by Mark Vanhoenacker

autore:Mark Vanhoenacker [Vanhoenacker, Mark]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852073250
editore: Mondadori
pubblicato: 2016-05-03T00:00:00+00:00


Quale posto migliore di una spiaggia per dare inizio alla storia dell’aviazione? Questa originaria simmetria tra la spiaggia e la pista di decollo, tra mare e cielo, è valida ancora oggi. Quando un aereo abbassa i carrelli sopra l’acqua, quando scende sulla terraferma arrivando dal mare aperto, abbandona l’acqua – marina e celeste – e ritrova la terra.

In inglese ship non indica solo la nave, ma è anche un termine generico con cui ci si può riferire all’aereo. Abbiamo forse dimenticato che la Good Ship Lollipop cantata da Shirley Temple era un aeroplano? Quando per esempio passiamo dal collegamento alla rete elettrica dell’aeroporto a quella interna dell’aereo, un comandante di una certa età potrebbe dire di essersi spostato “to ship’s power” (“all’alimentazione della nave”). Il comandante viene ancora chiamato skipper, spesso abbreviato in skip, quando ci si rivolge a lui direttamente: “Ehi, Skip”. Come copilota io sono il primo ufficiale di un aereo di linea (ovvero di un airliner, che in inglese suona come “transatlantico aereo”) e dell’equipaggio fanno parte anche i “capicabina”. Parliamo di cabine, di prua (ma non di poppa), di paratie, di stiva, manifesto di carico, virata, mastra e timone. Un collega che non sa se piloto ancora l’Airbus 320 o se sono passato al Boeing 747 mi chiederà su quale fleet (“flotta”) sto lavorando. La piccola leva che usiamo per far girare l’aereo a basse velocità al suolo, una specie di volante che pochi notano quando vengono in visita in cabina di pilotaggio, si chiama “barra del timone”. Gli aerei hanno dei timoni denominati, come sulle navi, “timoni di direzione” (rudders) e, in un capovolgimento linguistico analogo a quello dei mammiferi marini i cui arti si sono ri-evoluti per tornare in ambiente acquatico, gli idrovolanti hanno dei “timoni d’acqua” (water rudders).

Gli strumenti sporgenti dell’aereo in cui si trovano antenne e scarichi sono detti “alberi”. Le sonde che misurano la velocità indicata dell’aria sono chiamate “tubi di Pitot” e sono state inventate nel diciottesimo secolo da un ingegnere idraulico che aveva studiato gli acquedotti romani e misurato la velocità della Senna; il signor Pitot non avrebbe mai potuto immaginare che la sua creazione si sarebbe innalzata in futuro nel cielo sopra Parigi (e sopra il resto del mondo). L’origine nautica della tipica uniforme dei piloti (e pilota in origine è colui che tiene il timone) è stata sancita da Juan Trippe, il pilota della marina militare americana che fondò la Pan Am e chiamò i suoi aerei Clippers, come le navi che solcavano l’oceano nel Settecento. L’ambizione del progettista capo che disegnò il 747 era quella di dare al suo aeroplano “l’imponente maestosità” dei grandi transatlantici, per “conquistare gli oceani con un solo volo”. Agli albori del controllo del traffico aereo gli aeroplani venivano seguiti su mappe cartacee usando dei piccoli pesi a forma di nave. Secondo le “regole dell’aria” gli aerei a motore devono cedere il passo agli alianti, così come in mare i vaporetti devono cedere il passo alle vele.

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